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Filariosi nel cane e nel gatto: una malattia sottovalutata

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Filariosi nel cane e nel gatto: una malattia sottovalutata

autore:

Marianna Filareto, Medico Veterinario in Roma
Specializzanda in Malattie infettive, profilassi e polizia veterinaria


Le filarie sono nematodi, detti anche vermi cilindrici, che colpiscono il tessuto connettivo (subito sotto il derma e fortemente vascolarizzato) e il sistema circolatorio del cane e del gatto.

Lo sviluppo delle filarie

Per sviluppare a parassita adulto, le microfilarie necessitano di una fase di crescita in un dittero ematofago, ossia in un insetto che si nutre di sangue (come svariate specie di culicidi, zanzare), che funge da ospite intermedio. Assunte dalla femmina del dittero durante il pasto di sangue, dopo circa 24 ore le microfilarie si trasformano in larve primarie (L1); dopo circa 10 giorni le larve primarie si allungano e diventano larve di secondo stadio (L2); la muta a terzo stadio (L3) avviene in tredicesima giornata. Le L3 poi vengono inoculate in un altro ospite (cane o gatto) tramite saliva e migrano nel sottocute (per alcuni giorni) e fanno due mute, fino alla stadio L5, e passano in circolo; in 3-4 mesi raggiungono la sede definitiva (arteria polmonare) e qui diventano adulti infetti, maschi e femmine, che si accoppiano in 120 giorni. Il periodo completo che intercorre tra il momento dell’infestazione da parte del dittero e la maturità sessuale (detto tempo di prepatenza) è di 6 mesi, dopo di che i parassiti possono rimaner vitali e produrre microfiliarie fino a 5 anni. Le microfiliarie prodotte dalle femmine gravide, per un fenomeno di “tropismo centrifugo”, tendono a portarsi nei vasi periferici e, durante la migrazione, alcune di esse possono superare la barriera placentare e passare per via congenita dalla cagna ai cuccioli, dove comunque non possono diventare adulte, in quanto non hanno effettuato il passaggio nell’ospite intermedio. La Dirofilaria immitis è la più patogena, responsabile della filariosi cardiopolmonare del cane e del gatto, invece la Dirofilaria repens è responsabile di una forma sottocutanea.

Mentre nel cane le microfilarie possono sopravvivere fino a 7 anni, il gatto è considerato un ospite suscettibile, ma non ideale per il parassita, in quanto il carico parassitario è basso e la sopravvivenza limitata.

Nel nostro paese l’epicentro è rappresentato dalla pianura Padana, anche se, negli ultimi decenni, si è diffusa a macchia d’olio, probabilmente anche a causa dei frequenti spostamenti cui sono sottoposti i cani da caccia nel corso della stagione venatoria e dei viaggi di piacere sempre più frequentemente intrapresi in compagnia dei nostri amici a quattro zampe. Le aree più a rischio sono: Lombardia, Piemonte e Veneto meridionali, Liguria orientale, Toscana centro-settentrionale ed Emilia Romagna, anche se non mancano casi in altre zone della penisola.

La malattia nel cane

Ha un decorso cronico e asintomatico; i segni clinici insorgono gradualmente e possono essere rappresentati da tosse cronica, dispnea, debolezza, sincopi. Solo negli stadi avanzati possono essere presenti edema a carico dell’addome, degli arti, anoressia, perdita di peso, disidratazione. L’animale affetto da filariosi, dunque, manifesta una sintomatologia quasi del tutto equiparabile a quella dell’insufficienza cardiocircolatoria. Con il trascorrere del tempo si assiste infine al cattivo funzionamento del fegato e dei reni, seguito – in caso di mancato intervento – dal decesso dell’animale.

La malattia nel gatto

È in genere asintomatica per lungo tempo e può in seguito presentare una sindrome acuta, improvvisa, caratterizzata da tosse, dispnea, emottisi, vomito, perdita di peso, aumento della frequenza cardiaca, cecità, convulsioni, collasso e morte. I danni causati dalla presenza dei parassiti adulti nel ventricolo destro sono ancora più evidenti nella specie felina, considerate le ridotte dimensioni del cuore del gatto, per cui è sufficiente la presenza di poche filarie per provocare importanti segni clinici nel gatto rispetto al cane.

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Diagnosi e cura della filariosi

Basta un semplicissimo test ematico in grado di rilevare la presenza delle microfilarie nel sangue o degli antigeni delle femmine adulte in campioni di siero o sangue. Talvolta anche una radiografia può essere diagnostica, negli stadi più avanzati, che consente di visualizzare un aumento di diametro delle arterie polmonari, patterns polmonari anomali o, nei casi più critici, lo sfiancamento del cuore destro. Con l’ecocardiografia possiamo invece evidenziare direttamente la presenza di parassiti nel cuore, nelle arterie polmonari o nella vena cava.

Prima di intraprendere il trattamento specifico, tuttavia, è di fondamentale importanza effettuare una serie di indagini diagnostiche collaterali, al fine di valutare con accuratezza lo stadio di gravità della patologia. Sulla base dei risultati ottenuti, è poi possibile intraprendere il protocollo terapeutico più indicato, in funzione del singolo caso.

La terapia si fa in base alla classe del cane affetto da filariosi. Ci sono tre classi:

  1. Soggetti asintomatici: hanno bassa microfilariemia e basso titolo anticorpale. Si danno farmaci adulticidi e la prognosi è fausta, le complicanze dopo il trattamento sono scarse.
  2. Soggetti con sintomatologia lieve: tosse occasionale, scarsa resistenza agli sforzi, rumori respiratori, test antigenici medio alti. Si può fare trattamento con adulticidi a cui però vanno addizionati farmaci antitrombotici.
  3. Soggetti con grave sintomatologia: insufficienza cardiaca destra, dispnea, tosse anche a riposo, dimagrimento e test antigenici molto alti. Di solito questi soggetti non si trattano; possono essere sottoposti a una terapia sintomatica per tamponare l’insufficienza cardiaca.

Le terapie attualmente consigliate per il cane sono tre:

  1. Eliminazione degli adulti con Melarsonina Diidrocloruro: dopo un primo trattamento intramuscolo nella regione lombare, si ripete dopo 50-60 giorni usando la dose completa, con due somministrazioni a distanza di 24 ore. Si tratta di un farmaco epatotossico e gli adulti morti possono provocare tromboembolismo e interferire con i processi coagulativi, per cui si associa ad Eparina e Glucocorticoidi e si esclude l’esercizio fisico nei 30-40 giorni successivi il trattamento.
  2. Associazione di Ivermectina, ogni 15 giorni per 180 giorni, e Doxiciclina, per 30 giorni; questa recente associazione sembra avere un buon effetto adulticida e riduce il rischio di tromboembolismo; esercizio fisico vietato per l’intero periodo del trattamento. NB: nel Collie si usa Milbemicina.
  3. In casi gravi si può fare terapia chirurgica passando per la vena giugulare per eliminare i vermi adulti.

 

La terapia adulticida nel gatto non è consigliata per l’elevato rischio di tromboembolismo. Nei gatti con grave sintomatologia sono consigliati dosaggi elevati di Prednisolone.

Profilassi antiparassitaria

Per quanto riguarda la profilassi, la ricerca farmacologica ha messo a punto da una serie di principi attivi efficaci e scevri di controindicazioni, da somministrare ai nostri animali una volta al mese per tutta la durata della stagione delle zanzare (mediamente da aprile-maggio fino a ottobre-novembre). Assumendo il farmaco con regolarità, cani e gatti, anche se punti da zanzare portatrici di larve infestanti, non sviluppano la malattia. Ciò è particolarmente importante nella specie felina, per la quale – come già detto – non è possibile attuare un trattamento terapeutico mirato nei confronti della Dirofilaria immitis.

Prima di cominciare la terapia preventiva, però, è indispensabile accertarsi che i soggetti risultino negativi alla malattia, per cui è bene eseguire un esame del sangue prima di iniziare la profilassi. E se dovete spostare il vostro amico a quattro zampe in una zona endemica, è necessario iniziare il trattamento entro 30 giorni dall’esposizione.

Anche l’uomo può essere colpito. È principalmente la Dirofilaria repens la responsabile di infestazioni umane, con localizzazione prevalentemente sottocongiuntivale, polmonare, mesenterica e intradurali e possono essere confuse con forme tumorali. Tuttavia, l’infestazione nell’uomo è probabilmente sottostimata vista la scarsa conoscenza medica in ambito medico.

È importante ricordare che la filariosi può manifestarsi anche a distanza di mesi rispetto al momento del contagio, ed è bene perciò eseguire periodicamente un test di controllo presso il veterinario di fiducia.


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