CLINICA H24+39.068182106EMAIL: info@veterinariasanfrancesco.comPRONTO SOCCORSO: 24 ORE SU 24

“Cat Scratch Disease”: la malattia da graffio del gatto

cat_scratch_disease_esterna.jpg

“Cat Scratch Disease”: la malattia da graffio del gatto


Autore: Carmine Marano, Medico Veterinario in Roma
Specializzato in malattie infettive, profilassi e polizia veterinaria


La malattia da graffio del gatto (Cat Scratch Disease, CSD) è una zoonosi emergente e ubiquitaria. Nell’uomo è nota dal 1930 ed è stata descritta per la prima volta nel 1950 da Debrè. Dapprima si è sospettato che l’agente eziologico, e quindi la causa, potesse essere un virus; poi una Clamidia, poi un batterio, ma solo dopo gli anni ’90 è stata definitivamente identificata quale agente eziologico della malattia la Bartonella henselae. Più recentemente un’altra Bartonella, B. clarridgeiae, è stata pure segnalata quale responsabile di casi di CSD nell’uomo. Si tratta di una patologia emergente: negli esseri umani immunocompetenti, la B. Henselae è responsabile della “malattia da graffio del gatto’’. Il più delle volte è benigna e autolimitante, tuttavia nei soggetti immunocompromessi può avere un decorso grave ed essere fatale se non adeguatamente trattata con specifica terapia antibiotica (forma atipica).

Le cause della malattia

Nel gatto l’infezione decorre abitualmente in forma pressoché asintomatica: batteriemie prolungate (di parecchi mesi o anni) e ricorrenti anche in presenza di una risposta immunitaria rilevabile. La pulce svolge un ruolo centrale nella diffusione dell’infezione tra i gatti, anche se, recentemente, è stato dimostrato che zecche, quali Ixodes pacificus ed Ixodes ricinus, possono albergare il microrganismo e quindi essere potenzialmente in grado di trasmetterlo all’ospite, uomo compreso, attraverso il pasto di sangue. Tuttavia, la zecca non ha un ruolo centrale come quello della pulce.

Come si trasmette

La trasmissione dell’infezione dal gatto all’uomo avviene solitamente attraverso il graffio o il morso ed è legata alla presenza del batterio sugli artigli e/o nel cavo orale. La Bartonella henselae può contaminare gli artigli del gatto mediante il loro contatto con feci di pulci infette presenti sulla cute (nelle quali il batterio si mantiene vitale fino a 9 giorni). Il batterio, inoltre, può contaminare direttamente la cavità orale, sia attraverso sanguinamenti conseguenti a patologie gengivali e/o dentali, sia indirettamente mediante il leccamento della cute contaminata o degli artigli.

L’infezione interessa principalmente il gatto e l’uomo, anche se Bartonelle sono state isolate da cani, conigli, roditori e ruminanti, ma con sintomi aspecifici e con pareri discordanti in merito.

Il gatto non manifesta sintomi specifici di malattia, anche se alcuni autori hanno rilevato episodi di linfoadenite (infezione dei linfonodi) associata a un transitorio rialzo febbrile. Dalla letteratura emerge che il rischio di infezione per i gatti di strada è circa doppio rispetto a quelli di proprietà. Gli animali infetti vanno trattati, oltre che con antiparassitario, anche per la Bartonella, poiché il batterio si trova nel sangue, quindi anche eliminando le pulci non è possibile escluderne la presenza.

Lo sviluppo della malattia

Le Bartonella spp sono microrganismi esigenti che possono persistere nel sangue dell’ospite anche per anni, legandosi e invadendo diversi tipi di cellule ospiti: eritrociti (globuli rossi) e cellule endoteliali. Entra nella circolazione sanguigna dando batteriemia intra-eritrocitaria di lunga durata. Può infettare le cellule progenitrici del midollo osseo contribuendo alla continua infezione degli eritrociti, e quindi del sangue.

Generalmente l’infezione è asintomatica, ma in gatti infettati sperimentalmente con B.henselae e B. clarridgeiae si è notato un’infiammazione focale del miocardio (la parete muscolare del cuore) e, all’esame istopatologico (dopo la morte dell’animale), si è visto che le lesioni possono includere iperplasia del linfonodo periferico, iperplasia follicolare splenica, colangite/pericolangite linfocitica, epatite linfocitaria, nefrite interstiziale linfocitica.

Nell’uomo sono note due forme cliniche della malattia: la forma tipica, che è la più comune, e la forma atipica.

– Forma tipica

È la forma clinica più frequente di CSD, che sembra privilegiare i soggetti giovani (bambini e ragazzi, per una questione comportamentale: giocano col gatto, lo abbracciano, sono più esposti ai graffi sul viso, braccia, ecc.). È caratterizzata da una linfoadenopatia (ingrossamento dei linfonodi) superficiale localizzata in sede ascellare o nella regione che drena la lesione cutanea provocata dal graffio del gatto. Il periodo di incubazione è di 3-21 giorni con una media di 12 giorni. La linfoadenopatia regredisce spontaneamente entro 2-6 mesi. Nel 15-20 % dei casi i linfonodi vanno incontro a suppurazione e fistolizzazione cutanea (esterna). Tale quadro si accompagna talvolta a febbricola, rash fugace, eritemato-papuloso o eritemato-nodoso, astenia, anoressia, malessere, cefalea, faringodinia, artralgie. Gli esami di laboratorio indicano soltanto una reazione flogistica aspecifica (infiammazione), non obbligatoria, a volte associata a modesta leucocitosi neutrofila (aumento del numero di globuli bianchi), aumento della VES (velocità di eritrosedimentazione) e piastrinosi (aumento del numero delle piastrine).

La diagnosi sierologica con immunofluorescenza indiretta (IFA) consente (per positività > di 1:64 per IgG e IgM) di ottenere una diagnosi di quasi certezza di infezione da Bartonella.

– Forma atipica

È la forma più grave e non è tuttavia infrequente (circa il 5-14% di tutte le CSD). Si tratta di una forma sistemica complicata a carattere granulomatoso, soprattutto a carico dei parenchimi (fegato, milza, linfonodi del mediastino, ecc), che può assumere particolare gravità nei pazienti immunocompromessi (pazienti HIV-positivi, pazienti sottoposti a trapianto di organo solido o a terapie anti-neoplastiche, ecc.). Una sempre maggior percentuale di casi (in particolare in soggetti immunocompromessi) può presentarsi con manifestazioni che interessano singoli apparati come: SNC (encefalite, paralisi del faciale), polmone (polmonite atipica), cuore (endocardite), osso (lesioni osteolitiche), occhio (sindrome oculoghiandolare di Parinaud), cute (eritema nodoso o marginato) oppure con sindrome similmononucleosica o ancora solo con febbre persistente di natura da determinare.

La terapia

Nel paziente immunocompetente, nelle forme asintomatiche e lievi di CSD non è indispensabile ricorrere alla terapia antibiotica (che non è peraltro in grado di modificare l’andamento della malattia). Si fa una terapia sintomatologica, antinfiammatoria e antidolorifica.

Nel paziente immunodepresso è necessario il trattamento antibiotico. Possono inoltre essere impiegati antiinfiammatori, mentre sono da evitare gli steroidi che possono favorire la fistolizzazione.

Gli antibiotici utilizzati sono:

– associazione rifampicina e doxiciclina;

– eritromicina.

La diagnosi

Nell’uomo il sospetto clinico (anamnesi) è accompagnato da test sierologico (immunofluorescenza indiretta). La messa in evidenza del microrganismo nei pazienti con CSD con metodi tradizionali (coltura) è spesso problematica per la presenza di pochi microrganismi o addirittura per la loro assenza nei linfonodi al momento del prelievo del campione (biopsia, pus). Possibili trattamenti antibiotici empirici possono favorire la negatività delle indagini colturali.

Nel gatto il test sierologico è abbinato all’emocoltura. Quest’ultima rappresenta il gold-standard.

Le categorie maggiormente a rischio per la CDS sono:

  • persone immunocompromesse;
  • bambini;
  • medici veterinari;

SE HAI BISOGNO DI UNA CONSULENZA, CONTATTACI

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *


ABIVET SOCIETA' BENEFIT a r. l. © 2022. All rights reserved. Privacy policy