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“Cherry Eye” nel cane: cos’è e come risolverlo

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“Cherry Eye” nel cane: cos’è e come risolverlo


Francesca Calamusa Autore: Francesca Calamusa, Medico Veterinario in Roma


L’occhio del cane è diverso dal nostro in quanto, oltre ad avere una palpebra superiore ed una inferiore, ha anche una terza palpebra, ovvero una “membrana” formata da uno “scheletro interno” di cartilagine e rivestita esternamente dalla congiuntiva. Anatomicamente è situata nell’angolo nasale dell’occhio, tra palpebre e globo oculare, dove svolge un’azione di protezione della cornea: nel cane “sale passivamente” come conseguenza della retrazione volontaria del globo oculare nell’orbita e normalmente non è visibile. Alla base della terza palpebra è presente una ghiandola lacrimale che produce almeno il 35% della porzione acquosa del film lacrimale, il resto viene prodotto dalla ghiandola lacrimale orbitale.

Il “cherry eye” non è altro che il prolasso della ghiandola lacrimale della terza palpebra. Questa esce dalla propria sede naturale (prolassa), aumenta di dimensioni e si infiamma, presentandosi come una massa rossastra all’angolo nasale dell’occhio, molto simile a una ciliegia; da qui il nome “cherry eye”. L’estroflessione della ghiandola è legata all’indebolimento dei tessuti fibrosi che tengono nella corretta posizione la terza palpebra. È una patologia che interessa prevalentemente cani giovani (età media inferiore a due anni) ed è frequente in razze quali: Beagle, Cocker Spaniel, Cavalier King Charles Spaniel, Bulldog Inglese, Bulldog Francese, Mastino Napoletano, Boxer, Shar Pei, Pechinese, Lhassa-Apso, Basset Hound, Boston Terrier, Shitzu,

In genere è monolaterale, ma nel 20% dei casi si assiste al prolasso della ghiandola controlaterale in un periodo di tempo variabile, che può andare da pochi giorni a qualche mese.

Cause

In passato si riteneva che la causa scatenante fosse infiammatoria, ma oggi l’ipotesi più accreditata è la lassità congenita delle strutture legamentose della ghiandola stessa, oltre ad esserci una particolare predisposizione della patologia in razze brachicefaliche, caratterizzate dall’avere un muso corto e schiacciato.

Sintomi clinici

La ghiandola prolassata va incontro a fenomeni infiammatori, per i quali compare una masserella dapprima rosa poi sempre più rossa e infiammata nell’angolo destro dell’occhio. I sintomi clinici sono:

  • arrossamento oculare da congiuntivite;
  • abbondante lacrimazione o, al contrario, secchezza oculare e scarsa lacrimazione;
  • secrezioni anomale dall’occhio;
  • gonfiore attorno agli occhi.

Inoltre il cane ha spesso la tendenza a sfregarsi gli occhi con la zampa e a tenerli socchiusi. Si tratta essenzialmente di tentativi di ridurre l’irritazione che avvertono.

La diagnosi è molto semplice in quanto di norma è sufficiente il solo esame fisico.

Terapia

È molto importante intervenire tempestivamente perché, se il disturbo viene tralasciato, potrebbero insorgere complicazioni oculari di una certa serietà e persino danni permanenti. Bisogna assolutamente evitare di lasciare la ghiandola prolassata per parecchi mesi, perché ciò causa al suo interno dei cambiamenti che ne riducono irreversibilmente l’attività secernente (fibrosi del tessuto ghiandolare), rendendo più probabile l’insorgenza di cheratocongiuntivite secca.

Il trattamento risolutivo è chirurgico e consiste nel riposizionare la ghiandola nella sua sede naturale creando una tasca sulla superficie interna della terza palpebra e suturandovi all’interno la ghiandola. In preparazione alla chirurgia in genere si somministrano antibiotici topici e antinfiammatori. In passato, in caso di cherry eye si interveniva sempre rimuovendo la ghiandola estroflessa, ma ciò portava quasi sempre all’insorgenza di una severa secchezza oculare (cheratocongiuntivite secca) poiché la ghiandola produce le lacrime e ha il compito di mantenere umida la cornea. La terapia, quindi, si pone come scopo:

  • il ripristino delle funzionalità e dell’aspetto delle strutture coinvolte;
  • la riduzione/eliminazione delle secrezioni anomale dall’occhio;
  • la diminuzione dell’irritazione e delle lesioni a carico di cornea e congiuntiva;
  • il mantenimento/ripristino della produzione lacrimale della terza palpebra;
  • la riduzione del rischio di infezioni secondarie.

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